venerdì 4 luglio 2014

IL SOCIALISMO SICILIANO, OGGI


Nel socialismo siciliano, che è quello in cui viviamo ed operiamo, si assiste, oggi, ad una serie composita di “posizioni” che sbaglieremmo a definire solo di natura tattica che sono proprie e peculiari di diversi gruppi, movimenti, partiti o persone che rappresentano o pensano di rappresentare il socialismo isolano.
Noi come Coordinamento dei Circoli Socialisti offriamo queste nostre riflessioni ai compagni e alle compagne come base per un lavoro politico di analisi e pratico volto a provare a dare soluzione alle diverse “contraddizioni” che si agitano all’interno dell’area socialista siciliana per restituirle, così, un reale spazio e ruolo politico e sociale.
Il primo passo per discutere è riflettere sul socialismo siciliano d’oggi è legato al comprendere quale sia in questa area, variegata per posizioni, l’idea di partecipazione politica e in riferimento ai Territori e alla Sicilia come Entità politica, istituzionale ed economico-culturale specifica e storicamente peculiare.
Emergono anche in questo caso una serie di divisioni di non poco conto. Per chiarire diremo che esistono, nel merito, a voler semplificare, tre posizioni diverse e anche contrapposte.
Vi sono ancora socialisti che considerano l’essere siciliani, il vivere ed operare in Sicilia quasi “un mero accidente di nascita”.
Ogni loro sforzo, ogni loro azione o scelta si rifà, quindi, a scelte, equilibri, analisi di fondo mutuate da un centro politico romano.
L’azione politica siciliana (o locale come direbbero loro) è rapportata quindi o a una visione centrale, centralista o a scelte d’opportunità queste sì localistiche e/o camarillistiche.
Si tratta di un tipo di posizione trasversale che per quanto noi riteniamo profondamente sbagliata ed arretrata va comunque rispettata, sebbene, di fatto, sconfitta dalla storia e dall’esperienza.
Vi è poi la posizione che noi incarniamo e rappresentiamo e che trova la sua rappresentazione in un insieme ben determinato di gruppi e sigle come appunto i nostri circoli, l’Istituto di Cultura Politica per la Questione Siciliana – xQS e che trova una rappresentazione attenta anche nelle attività della Rete Socialista Socialismo Europeo siciliana.
E’ un’analisi che senza essere confusa, sic et simpliciter, con posizioni nazionalistiche, afferma, apertis verbis, l’esistere di un’originale, peculiare, storicamente conclamata, quanto irrisolta, Questione Siciliana che è parimenti Questione Sociale e Questione Identitaria.
Questa posizione che noi incarniamo e rappresentiamo mira dunque in un’ottica schiettamente socialista e democratica, figlia della migliore tradizione del socialismo europeo, a risolvere la Questione Siciliana ponendo al centro dell’azione politica i bisogni e le esigenze del Popolo Siciliano, favorendo una visione federalista dello Stato e ponendo al centro della nostra azione socialista la questione dell’Autogoverno senza egoismi di sorta.
Vi è poi, infine, una terza posizione che definirei meramente regionalistica, autonomistica, che utilizza anch’essa il termine Questione Siciliana, riducendola, però, a poco più di un mero artifizio retorico e calando l’identità socialista come quella siciliana in un calderone senza orientamento di senso compiuto, divisa tra spinte personalistiche, visioni reducistiche, citazioni orazionarie e con la presenza di compagni, espressione della vecchia classe dirigente socialista, che premono riguardo alle scelte di posizionamento.
Questa “declinazione” di socialismo è poco originale ed attendista e più che altro appare come una ripetizione in chiave sicula, delle vecchie prassi centraliste più che una affermazione autocentrata e solidale dei bisogni dei ceti popolari e dei valori socialisti.
A queste divisioni, poi, sia aggiungono tutte le altre che tranciano anch’esse, oggi come ieri, forse più di ieri, il campo della sinistra e del socialismo italiano ed europeo.
E’ chiaro, alla luce di tutto ciò, che la situazione del socialismo in Sicilia non è facile e che questo corre il rischio di essere di fatto “inessenziale” venendo quindi ad essere “isolato” socialmente e politicamente.
E’ evidente che siffatte divisioni non favoriscono, anzi in concreto, finiscono per rendere più difficile un qualsivoglia credibile processo di riaggregazione dell’area socialista isolana.
In questa ottica fanno riflettere appelli all’unità, che suonano più come inviti alla diluizione, pro domo suo, come quando taluni propongono, ex abrupto, salvifici convegni in cui, così e semplicemente, proporre la creazione verticistica, dall’alto, di organismi di sintesi del e per il socialismo siciliano.
Non è questa la giusta strada da percorrere. Chi lo fa assume su di sé la responsabilità politica di dividere, scienti  o no,  ancor di più il già abbastanza litigioso socialismo isolano.
Ciò che occorre, attualmente, è invece un’iniziativa dialettica rispettosa di tutte le differenze, esistenti e conclamate, che porti i socialisti siciliani, tutti quelli che ci stanno, senza fretta ma tenendo ben diritta la rotta a rifiutare tatticismi ed egemonismi, reali e/o risibili, per discutere da socialisti del futuro dei Siciliani e non solo o tanto delle loro organizzazioni politiche e delle leadership, vere o presunte, di questo o quello.
Patti federativi richiedono condivisioni profonde, non è il caso oggi, di ripetere vecchi errori, vecchie sopravvalutazioni.
 Il Socialismo Siciliano ha delle sue peculiarità che non solo organizzative (nasce politicamente dall’esperienza dei Fasci Siciliani dei Lavoratori) ma anche di elaborazione, tradizione e analisi.
Chi non comprende questo, chi finge di poter riassumere tutto questo in un mero orgoglio, di parte o partito. fine a se stesso, non comprende la grandezza stessa del Socialismo Siciliano e minaccia di immiserirlo trasformando se stesso e i suoi associati in “pallidi eroi metastasiani” d’un socialismo “politicato”, spesso e volentieri, virtuale e parolaio, di cui, oggi, i Siciliani non hanno davvero bisogno.


Fabio Cannizzaro









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