Il 2020 vede
il mondo dell'Istruzione, i suoi lavoratori, docenti e no, interessati da tutta
una serie di novità ed annunci su cui sarà bene fermarsi a riflettere.
Partiamo
dalla notizia, oramai certa, dello "spacchettamento" di quello che,
fino a qualche giorno fa, era il Ministero dell'Istruzione, Università e
Ricerca (MIUR) con la creazione di due distinti dicasteri, uno per l'Istruzione
e l'altro per Ricerca e Università.
Già
nell'immediatezza dell'annuncio i mondi scolastico ed accademico, come era
naturale, si sono divisi trasversalmente in favorevoli e contrari allo
"scorporo".
In realtà la
mossa del Presidente del Consiglio, Conte è e resta ovviamente politica e
tuttavia, anche al di là delle intenzioni reali o dichiarate, intercetta, comunque,
una reale necessità.
Conte, a mio
avviso, ha infatti ragione quando, nello specifico della questione, afferma che
i comparti dell'Istruzione e della Ricerca e Università hanno logiche, esigenze
e problematiche tra loro molto diverse.
Si tratta di
una constatazione troppo a lungo sottaciuta dai vari, diversi governi che si
sono succeduti in Italia negli ultimi due lustri.
Affermo ciò
senza che questo significhi di per sé, in nessun modo è a nessun titolo, una
condivisione della linea politica di Conte e del suo Esecutivo.
Il MIUR, i
ragionamenti politici che portarono alla sua nascita erano, allora, il portato
di una logica che, ahinoi, imperava trasversale, incontrastata nella politica
bipolare degli inizi del Duemila.
Si credeva
allora (e qualcuno lo pensa ancora) che fosse possibile, con un mero atto di
volontà promosso dall'alto, ricondurre a perfetta unità due settori contigui ma
né simili né equiparabili per interessi, bisogni, esperienze e necessità come
Scuola ed Università e Ricerca.
Dieci anni
di prassi politiche e gestionali, di esperienze hanno confermato i dubbi ed i
timori di chi, allora, ammoniva temendo che la "liaison" avrebbe
fatto propendere l'attenzione politico-burocratica verso gli interessi apicali
del mondo accademico, privilegiandolo anche in virtù del suo stretto rapporto
con la rappresentanza parlamentare a danno di Ricerca e Istruzione.
Ora giunge
inattesa l'iniziativa del Presidente del Consiglio.
Potremmo
lecitamente domandarci: Perché ora? Penso però sia, in questa fase, più
importante concentrarsi su questa inaspettata opportunità per l'Istruzione,
anzi per la Pubblica Istruzione facendo in modo che l'occasione non vada né
persa né depotenziata o vanificata.
L'intervento
politico, la spesa pubblica correlata legate allo "spacchettamento"
del MIUR può restituire all'Istruzione pubblica una visibilità, una centralità
persa, di fatto, in un decennio di "condominio coatto" con Università
e Ricerca.
Importante
sarà nelle prossime settimane, nei mesi a venire la reazione che verrà dal
mondo sindacale scolastico e universitario. Ad oggi le reazioni di questi sono
state tiepide per non dire timorose.
Come mai? Si
è trattato solo di soverchia cautela?
È inutile
nascondersi dietro un dito, la mossa repentina di Conte sta producendo già i
suoi primi effetti anche sulle strutture, sulle articolazioni sindacali che,
con il tempo, si erano adeguate, conformare al modello organizzativo del MIUR,
stabilendo al proprio interno, nelle proprie burocrazie delicati, necessari
equilibri.
La mossa
dello scorporo, è inutile negarlo, spariglia, in alcuni casi, le carte.
Del resto
qualsivoglia burocrazia, sia essa ministeriale o sindacale, vive i cambiamenti,
specie se inattesi, con un misto di apprensione e malcelato fastidio.
Non dubito,
però, che superata la sorpresa iniziale le migliori forze del sindacato
scolastico sapranno cogliere le potenzialità favorevoli ai lavoratori, alle
lavoratrici, ai cittadini nella restituita autonomia alla Pubblica Istruzione.
Da
lavoratore, da sindacalizzato, da socialista, per mio conto, avverto questa
come l'opportunità di riportare il dibattito sulle politiche scolastiche
pubbliche, sul loro collegamento con l'azione sindacale e la "ratio"
Costituzionale al centro dell'Agenda politica e sociale del Paese, liberandole
dalla tutela callosa del mondo apicale dell'Università con le sue peculiari
dinamiche.
Certo,
scorporo o no, resta centrale, sostanziale la questione dell'individuazione
delle risorse come bene sottolineava, qualche giorno fa, il segretario generale
della FLC CGIL, Francesco Sinopoli.
È questo un
passaggio imprescindibile e sul merito, concordo, occorre essere chiari,
ragionando analiticamente anche a costo, se fosse necessario, di essere
urticanti.
Chiediamoci:
Le risorse per l'Istruzione pubblica come saranno, d'ora innanzi, assegnate e
quantificate?
Mi chiedo,
Vi chiedo: Non è che, in barba all'annunciato scorporo, si provvederà, invece,
poi, all'assegnazione delle risorse per l’Istruzione, sic ed simpliciter,
mantenendo la medesima, vecchia logica che ispirava le previsioni di quando
c'era il MIUR?
Se la
risposta è sì, allora, avremo la comprova che il cosiddetto
"spacchettamento" era, di fatto, solo una boutade a esclusivo uso
politico dell'attuale maggioranza di governo.
Se, invece,
si provvederà in modo nuovo, originale e diverso allora il mondo della scuola potrà
recuperare la sua portata, il suo senso costituzionale e liberarsi
dall'abbraccio interessato di certo mondo accademico.
La scommessa
è in campo anche se, poi, con il passare dei giorni, si aggiungono al quadro
nuovi, altri diversi dati ed elementi.
Penso
all'iniziativa mediatico-politica del segretario del PD sull'Istruzione.
Non esagero
se dico che Nicola Zingaretti ha lanciato, vedremo poi gli esiti, una sua
"campagna d'Inverno" fatta di quattro diversi, impegnativi item-promesse.
Il PD, parte
dell'attuale maggioranza di governo, insiste su temi quali:
1)
Formazione e stipendi più alti per gli insegnanti;
2) Edifici
sicuri, belli e sostenibili;
3) Obbligo
scolastico i 3 e i 18 anni;
4) Scuole
aperte fino alle 18.
Sono punti
di difficile attuazione ed alcuni in sé poco convincenti a ciò si aggiunga,
inoltre, che il partito di Zingaretti non è nuovo a mirabolanti promesse sulla
e alla scuola, dopo essere stato, in epoca renziana, promotore, lì sì concreto,
della L. 107, vera e propria controriforma aziendalista, beffardamente definita
“Buona Scuola", e mai, anche ora che Renzo è uscito dal partito,
ripudiata.
Bene ha
fatto, quindi, la FLC CGIL, il suo segretario generale Sinopoli, ad esprimere
le sue titubanze e riserve rispetto al "model" zingarettiano.
Una agenda
quella PD che non allontana la scia dal modello renziano e che giustamente la
FLC definisce della " scuola azienda subalterna agli interessi di breve
periodo del sistema produttivo".
Serve,
invece, un ritorno ai valori, alle elaborazioni, all'esperienza che erano
patrimonio della migliore tradizione socialista sulla scuola, ispirata da
uomini come Tristano Codignola, donne e uomini che favorirono anche conquiste
come la Scuola media unica degli anni Sessanta del secolo scorso.
Il
progressismo prono al mercato ha fallito anche nel campo dell'Istruzione e
vorrebbe ancora condannare il Paese a una scuola che è altro da quella pensata
dai Padri Costituenti.
Noi
socialisti non ci rassegniamo e continuiamo a, lottare, democraticamente, a
viso aperto, per una scuola dei cittadini, laica, democratica perequativa e
formativa.
Prof. Fabio Cannizzaro
Coordinamento Insegnanti Socialisti