domenica 25 novembre 2018

PREMIO ANTIMAFIA AL FEMMINILE “FRANCESCA SERIO”, NELLA SUA QUINTA EDIZIONE, ASSEGNATO A FIAMMETTA BORSELLINO





Nella moderna e accogliente cornice della Pinacoteca comunale di Capo d’Orlando, nel messinese, si è svolta ieri la cerimonia di premiazione della V edizione del Premio antimafia intitolato alla memoria di Francesca Serio. Un premio antimafia al femminile, ideato e curato dal Circolo Socialista Nebroideo Indipendente “Italo Carcione”, che ne tempo ha attirato interesse ed attenzione.
Il premio è stato assegnato quest’anno a Fiammetta Borsellino, figlio del magistrato Paolo.
È stata l’occasione grazie anche agli interventi e alle interazioni di intellettuali, giornalisti e personalità di spicco per riflettere apertamente sullo stato attuale della lotta alla mafia. Interventi come quelli del giornalista Peppino Lo Bianco, della militante antimafia delle Agende rosse, Linda Grasso, dello scrittore Luciano Armeli Iapichino, del presidente provinciale A.N.P.I. , Teodoro Lamonica nonché quello del Presidente del dal Circolo Socialista Nebroideo Indipendente “Italo Carcione”, Fabio Cannizzaro hanno restituito al numeroso pubblico presente il senso dello stato dell’arte nella lotta alla mafia.
Particolarmente interessante è stato l’intervento di ringraziamento di Fiammetta Borsellino che ha offerto spunti per riflettere dal punto di vista etico a tutti coloro che lottano contro la protervia mafiosa.
Particolarmente apprezzata è stata poi la conduzione e la moderazione dell’evento affidata alla professoressa Patrizia Galipò.
Il pubblico molto attento e reattivo ha attivamente preso parte con domande e interventi tra questi ricordiamo quello di saluto dell’assessore comunale Aldo Leggio, degli studenti Marco Crisafulli e Mariangela Biondo, del docente Francesco Maria Zappia, di Donatella Ingrillì e Antonino Recupero, della prof.ssa Russo Lacerna Concetta e della prof.ssa Pina Giancola nonché dello scrittore Franco Blandi, autore del bellissimo “Francesca Serio – La madre” edito per i tipi di Navarra Editore.
Ancora una volta il Circolo Socialista Nebroideo Indipendente “Italo Carcione nella persona del suo presidente, Fabio Cannizzaro ha ben organizzato la manifestazione offrendo una di quelle sempre più rare occasioni di informazione e confronto sulle dinamiche del fenomeno mafioso e connotandosi come una delle più vive, militanti realtà del socialismo di sinistra siciliano organizzato. Particolarmente apprezzabile è il lungo lavoro svolto per sostenere la memoria umana e politica di Francesca Serio, contadina socialista il cui esempio di dirittura e determinazione è una delle più importanti eredità per il socialismo  del XXI secolo.

lunedì 29 ottobre 2018

A CHE PUNTO SIAMO?



Intervento del compagno Fabio Cannizzaro, coordinatore regionale siciliano e componente del’Esecutivo nazionale di Risorgimento Socialista

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In questi giorni di fine ottobre vari, diversi sono i sommovimenti interni a ciò che resta di certa sinistra politicistica in questo Paese.
È, infatti, di poche ore fa la notizia dello sganciamento di Sinistra italiana dall’esperienza di LeU.
Cosa sta accadendo? Molti, troppi si muovono per riposizionarsi, per tempo, in vista delle prossime, incombenti elezioni per il rinnovo della deputazione italiana al Parlamento europeo.
Queste “mosse” ci mostrano e più ci dimostrano quanto poco una certa parte della attuale classe dirigente di “sinistra” comprenda dell’attuale momento sociale e politico.
Tuttavia, qui e ora, non mi interessa essere tagliente con certi settori della sinistra, incapaci di autocritica e di serie analisi quanto definire, perimetrare quale può e deve essere il ruolo del socialismo di sinistra oggi nelle condizioni date di fronte anche a questi politicismi e/o rachitismi.
Risorgimento Socialista è ricordiamolo un’organizzazione militante nata per restituire proiezione ad una azione sociale e politica socialista in favore dei lavoratori e dei ceti deboli.
Nel tempo, complessivamente, pur non senza errori e/o titubanze, R.S. è rimasta fedele alla sua scelta iniziale, cosa ancor più evidente se si comparano scelte e posizionamenti di gruppi, movimenti, personalità e personaggi, che in vari tempi e a vario titolo, contrastarono e/o contestarono anche da socialisti R.S.
Il tempo ha contribuito a fare un po’ di chiarezza, superando queste accuse ed anche tanti, troppi evidenti, interessati personalismi si riesce, ora, in ciò che dopo una certa decantazione esiste e/o resta del mondo socialista a ben comprendere differenze di prospettiva e di indirizzo.
È sotto gli occhi di tutti che una cosa è guardare al presente, come fa Risorgimento Socialista, in prospettiva del futuro altra cosa è cercare di vivere il presente secondo categorie vetuste di un passato che oramai si è esaurito e che rende queste proiezioni intrinsecamente reducistiche.
Noi, nello specifico, gradualmente ma senza titubanze abbiamo via via affrancato l’organizzazione da questo tipo  di atteggiamenti reducistici quando non personalistici e prova ne è la decisione collegiale, collettiva, già in occasione delle scorse elezioni parlamentari, di superare i vecchi ragionamenti e di lavorare in modo aperto alla definizione di un nuovo perimetro della sinistra in Italia contribuendo alla nascita e all’affermazione dell’esperienza di Potere al Popolo.
È evidente che una siffatta scelta ha prodotto divisioni, smarrimenti, titubanze e anche qualche addio e tuttavia il corpo di Risorgimento Socialista è, oggi, più in in forza di prima e anzi riceve continuamente nuovi apporti.
Noi stiamo in Potere al Popolo in virtù del nostro essere apertamente, schiettamente socialisti e del fatto che la nostra identità di valori ed ideali è accettata dalle altre componenti di PaP, se così non fosse ne trarremmo le necessarie, utili conseguenze.
Dobbiamo però essere consapevoli che i sommovimenti cui accennavo, non ultimo il rischierarsi dei colonnelli di Sinistra Italiana è un dato organizzativo e politico che produrrà conseguenze.
Subito dopo l’annuncio ufficiale dell’abbandono di LeU a stretto giro è venuto lo sganciamento da Potere al Popolo del partito della Rifondazione Comunista. Abbandonando ogni categoria umorale o sentimentale  è nostro dovere ragionare di e su questi scenari.
La prossima possibile ricomposizione tra “fratoianniani” e “acerbiani” è dietro l’angolo. E noi? Noi, se sarà rispettata la nostra identità, siamo e restiamo, da socialisti, in Potere al Popolo. Resto, però, convinto che dovremmo insieme ai compagni napoletani, a quelli di Eurostop e ai settori vicini ad USB, superati gli strascichi dell’addio da Rifondazione, riflettere su quale possa e debba essere il futuro di questa nostra aggregazione.
Sarà un dibattito che dovrà vedere chiaro il rispetto delle pluralità e il fatto che Potere al Popolo non possa e non debba risolversi in una “ridotta” di un purismo comunista movimentista tout court ma debba aprirsi al dibattito europeo in cui il nostro pensiero coincide con quelli di compagni importanti come Jean-Luc Mélenchon de La France insoumise o di Jeremy Corbyn o ancora di Oskar Lafontaine.
Se poi prevalessero o potessero prevalere, pur lecitamente, queste spinte e scelte, noi socialisti di sinistra, senza paura o apprensioni, dovremmo riprendere la piena, completa agibilità politica non avendo mai abbandonato o declinato da quella organizzativa, senza rinunciare alle nostre politiche.
Resto convinto e lo scrivo qui, pubblicamente, che sarebbe un errore da parte di chiunque ridurre ed immiserire l’esperienza di Potere al Popolo in una sorta di “quadrato”, identitarista ed ideologico, ma se la cosa dovesse maturare ed accadere non ci vedrà impreparati né isolati.
Tuttavia qualunque possa essere lo scenario futuro in cui ci troveremo ad agire ed operare è nostro dovere porci come riferimento per tutte le socialiste, tutti i socialisti italiani che vogliono recuperare al socialismo militante un reale ruolo sociale e politico e liberarsi da certe proiezioni politicistiche e/o moderatiste.
Ecco a mio avviso, ecco ad avviso dei compagni siciliani di R.S. che rappresento, qual è il quadro in atto e quale può e deve essere, attualmente, la nostra azione.

Socialismo Sempre!
Fabio Cannizzaro

giovedì 19 luglio 2018

L’ALTERNATIVA IN CGIL E’ UNA REALTA’?



INIZIA L’ATTIVITA’ ASSEMBLEARE CHE PORTERA’ AL XVIII CONGRESSO CGIL. COSA ACCADE DENTRO IL SINDACATO DI CORSO D’ITALIA?
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Le diverse, convergenti espressioni del documento congressuale n. 1 in seno alla CGIL sembrano quasi infastidite dalla presenza di un documento alternativo che promette concretamente di non rendere poi così “unitario” il prossimo XVIII congresso confederale.
A ciò si aggiunga che il documento alternativo, quello promosso dalla minoranza de “Il sindacato è un’altra cosa” e coordinato dalla combattiva Eliana Como, della FIOM di Brescia, via via sta raccogliendo nuovi consensi ed attenzioni tra gli iscritti alla Confederazione Generale Italiana del Lavoro.
È il caso dei socialisti di sinistra iscritti alla CGIL che si riconoscono nelle posizioni di Risorgimento socialista e che coordinati da Fabio Cannizzaro trovano la loro aggregazione e coordinamento in pagine e gruppi di un notissimo social network quali “Socialisti e Sindacato” e “Socialisti di Sinistra per la CGIL”.
La piena adesione al documento congressuale n.2 dei socialisti di sinistra sottrae alla “gloriosa macchina da guerra” congressuale CGIL, del “nuovo” asse Camusso – Landini, l’alibi di poter liquidare, semplicemente, i sostenitori del documento alternativo come “velleitari ed estremisti”.
In realtà la posta in gioco è enorme e cosa che ancor più preoccupa l’establishment interno al sindacato di Corso d’Italia è l’andar catalizzare, sempre più, il documento n. 2, energie nuove e di base, che sembrano sfuggire alle logiche tradizionali di una CGIL che, almeno nella sua componente che si richiama al secondo documento, pensa si debba subito cambiare pelle e strategia.
In Sicilia le energie mobilitate, al pari del resto della Penisola, vanno crescendo.
Diverse espressioni di base, frutto delle diverse categorie convergono, anche se in terra di Trinacria in questo momento sembrano spiccare gli apporti provenienti da FIOM e FLC.
La partita è aperta e comunque si concluda il prossimo congresso c’è da scommetterci che il fronte che il documento n. 2 riuscirà a compattare farà parte dei futuri equilibri in CGIL, superando e travolgendo vecchie divisioni e categorie, dando il via comunque ad una nuova stagione di azioni e relazioni sindacali.

Salvatore De Grandi

sabato 14 luglio 2018

CONTRO LE AGROMAFIE, CON LA CGIL DI LOTTA, PER UNA NUOVA STAGIONE DI LEGALITA’ E PER UNO SVILUPPO EQUO DELLE NOSTRE REALTA’ TERRITORIALI




La recente presentazione del 4° Rapporto Agromafie e Caporalato dell’osservatorio “Placido Rizzotto” della FLAI CGIL ci offre modo e occasione di riflettere sulla nostra attualità, sulla realtà che ci circonda.
Chiunque viva ed operi in Sicilia e mantenga uno sguardo aperto e attento non può non convenire sul fatto che le entrate derivanti dalle cosiddette “agromafie”, oggi, rappresentano per i sodalizi criminali di questo Paese una parte sempre più cospicua delle proprie entrate.
Prendere coscienza di ciò è già un passo avanti e tuttavia non può e non deve bastare. Troviamo, ad esempio, positivo che i sindacati agroalimentari confederali, FLAI CGIL in testa, stiano organizzando mobilitazioni in tutta la Penisola ed una due giorni dal 24 al 26 luglio con un presidio davanti alla Camera dei Deputati in occasione della discussione parlamentare sul cosiddetto “Decreto Dignità”.
Tutto ciò contribuisce ad alzare il velo su uno dei settori più redditizi per le mafie italiane ed internazionali, quello, appunto, legato sia allo sfruttamento della manodopera sia al controllo sulla filiera del cibo fino poi a giungere alla ristorazione, alla gestione dei contributi europei per allevamento e  l'agricoltura.
È questo il grande “business” che le mafie, in Sicilia, nello specifico, Cosa Nostra, si trovano a gestire. 
Si tratta di una movimentazione di denaro e risorse enorme quantificato, solo in difetto, in “appena” 4, 8 miliardi di euro .
Comprendere la centralità di questa “nuova sponda” per le organizzazioni malavitose significa dover e poter ricalibrare le forme di contrasto che lo Stato, la società civile devono assumere come risposta rispetto a questi fenomeni.
Fortunatamente, come spesso accade, la società, le realtà territoriali, comprendono questi fenomeni prima e meglio del cosiddetto centro.
Non a caso, ad esempio, siffatte riflessioni, da tempo, sono sviluppate nei nostri diversi Sud. 
Penso all’apporto di certo coraggioso giornalismo investigativo, dall’alta significanza etica, che, ad esempio, sui Nebrodi, descrive, chiaramente ed analiticamente, i fenomeni con dovizia di informazioni e mantenendo uno sguardo d’insieme encomiabile.
Il sindacato, poste queste necessarie premesse, ha il dovere di essere in prima linea nel contrasto del fenomeno delle agromafie.
Il fiume di denaro che il  controllo di grandi quote delle contribuzioni europee frutta alla malavita, e ai colletti bianchi, che la affiancano e sostengono, è enorme e diviene, anno dopo anno, sempre più essenziale e centrale, nel bilancio delle mafie.  
Tema questo che chiama in causa, indirettamente e senza però generalizzazioni, un certo ruolo parassitario e parassitante di determinate nostre burocrazie e di una certa borghesia, ambedue, attualmente, fortemente intrise di certo neoliberismo predatorio.
Questo “mercato” agroalimentare è, poi oggi, fondamentale per la stessa sopravvivenza delle organizzazioni mafiose.
Recenti provvedimenti come quelli adottati dall’oramai ex presidente del Parco dei Nebrodi, Giuseppe Antoci, che, nel 2014, ha introdotto nel territorio nebroideo un protocollo di legalità  per l'assegnazione degli affitti dei terreni, che prevede la presentazione del certificato antimafia anche per quelli sotto la soglia dei 150 000 euro, sono utilissimi provvedimenti di contrasto operoso a logiche criminali volte ad accaparrarsi risorse pubbliche comunitarie, drogando, di fatto, mercati e logiche produttive, attraverso violenze paventate e/o realizzate.
Tuttavia ciò non basta e di fronte alla continua “rimodulazione” delle strategie mafiose, realizzate da professionisti vicini alle cosche, serve che lo Stato, la società e non ultimo il sindacato possano e sappiano elaborare strategie di contrasto tanto utili quanto concrete.
Cosa può e deve fare il sindacato? Cosa può fare nello specifico la CGIL come confederazione?
Possiamo dire che diversamente da altri soggetti sociali, la CGIL è avanti e tuttavia ancora tante è la strada da percorrere.
Nello specifico si devono mettere in condizione tutti i soggetti produttivi, sociali,  istituzionali e pubblici di essere difesi, supportati e tutelati a partire dalle singole realtà territoriali. Garantendo uno sviluppo il più equo e condiviso possibile.
Sarebbe impensabile e colpevole pensare di scaricare, così e semplicemente, su sindaci, amministratori, sindacalisti il peso, diretto ed immediato, del contrasto del fenomeno agromafioso confidando solo sul loro coraggio personale e civile.
Già in passato siffatte “scelte”, che di fatto abbandonavano a se stessi i soggetti territoriali,  provocarono, in concreto, un illecito vantaggio per le organizzazioni mafiose, occorre non ripetere errori antichi.
Penso, ad esempio, a meccanismi di controllo diretto ed incrocio automatico, stabiliti per legge, tra uffici ed autorità onde rendere operativi, contemporaneamente e a tutti i livelli, i protocolli di legalità.
La sfida del contrasto alle agromafie deve vedere insieme coordinate sindacalmente categorie diverse penso all’Agroalimentare non meno che la Conoscenza insieme parimenti a Commercio, Servizi, Trasporti, Sicurezza.
Solo un punto di vista coordinato, confederale può,  quindi,  permettere alla CGIL, al sindacato di contribuire al contrasto di questi fenomeni garantendo altresì a pieno i diritti dei lavoratori e delle masse popolari.
Si tratta, in buona sostanza, di tornare a recuperare quella centralità sociale che a lungo ha connotato e caratterizzato la nostra confederazione.
Da sostenitori del documento congressuale n. 2, da socialisti di sinistra, non dimentichiamo il precedente storico dell’unità nella lotta tra e nelle categorie sviluppato dal socialismo negli anni ’50 del secolo scorso.
Si trattò allora di raccordare e coordinare in un’ottica di classe lotte contadine e mobilitazioni operaie.
Abbiamo, ovviamente, ben chiaro che i tempi sono, oggi, totalmente diversi e tuttavia quello esempio di coesione resta un riferimento ed uno stimolo per una CGIL che sappia sfidarsi recuperando un suo autonomo ruolo politico, cosa ben diversa da certi recenti collateralismi.
Tocca a noi iscritti e militanti della CGIL ricreare, a partire dal contrasto alle agromafie, un “fronte sociale dei diritti” che rifiutando facili consociazioni e un certo remissivismo rimetta al centro dell’agenda etica, sociale e politica i lavoratori e il loro sindacato, forti di un senso di classe e di una visione attiva della legalità.
In questa prospettiva il Sud, i nostri diversi Sud possono e debbono svolgere un ruolo non solo centrale ma insostituibile come già è stato per il contrasto alla mafia stragista.


Fabio Cannizzaro

lunedì 21 maggio 2018

PERCHE’ I SOCIALISTI FEDERALISTI NON VOGLIONO PIU’ ESSER DEFINITI SICILIANISTI?




Nella ricorrenza del centoventicinquesimo anniversario dell’avvio dei lavori, a Palermo, nel 1893, del congresso dei Fasci siciliani dei lavoratori avverto forte la necessità di riflettere con linearità su quale possa e debba essere attualmente il ruolo delle spinte sicilianiste in una società come quella isolana. Società che già centoventicinque anni fa poneva, con forza ed attenzione, la centralità sociale della Questione Siciliana, come fece, appunto, il movimento, socialista e siciliano, dei fasci.
Da tempo i destini del socialismo federalista e quelli della “galassia” sicilianista si sono separati. Se dobbiamo e possiamo trovare una data simbolica per questa “divisione” credo dobbiamo risalire al 2012, quando l’Istituto di Cultura Politica per la Questione Siciliana – xQS lasciò quell’area politica e segnatamente il Frunti Nazziunali Sicilianu (FNS) allora ancora guidato da Pippo Scianò.
Il motivo fu dettato dallo spostamento dell’FNS su posizioni sempre più squisitamente nazionaliste che lasciavano nessun margine a chi si riconosceva, in quell’organizzazione, in una prospettiva socialista e di sinistra che era, poi, quella maturata alla fondazione del partito.
Per chi avesse la memoria corta questa fase, che taluni hanno volutamente, velocemente accantonato, vide la fuoriuscita da FNS, dalle sue articolazioni correlate di due dirigenti che avevano insistito per restituire proiezione di sinistra al partito, come, appunto, l’Arch. Leonardo D’Angelo e il prof. Fabio Cannizzaro, quest’ultimo anche vicesegretario di FNS.
Quando questi ultimi fecero esplodere la contraddizione pochi nell’area sicilianista avvertirono la necessità politica di testimoniare loro, alla loro organizzazione attenzione o vicinanza politica.
Fu subito chiaro che l’impianto meramente nazionale e nazionalista della Questione Siciliana messo in discussione e rifiutato da xQS era invece condiviso ed accettato dall’area sicilianista globalmente intesa. Area che si ritrovava e si ritrova ancora oggi intorno all’idea metafisica di Nazione Siciliana e che non seppe o volle cogliere, allora, l’occasione per superarla in chiave sociale se non socialista.
Riflettendo ad oltre un lustro di distanza credo molto sia dipeso anche da una diffusa propensione del sicilianismo nazionalisteggiante ad indugere a tentazioni governiste pseudo-autonomiste, allora pesanti e pressanti.
Consumata scientemente la rottura quelli di XQS non scelsero di creare l’ennesimo partitino sicilianista, prassi usuale ma si rimisero in discussione,  e scelsero, conseguenti alle premesse poste, di allargare la prospettiva della loro proposta aprendosi al confronto con altre realtà della sinistra.
Fu la stagione che vide mettere in campo l’idea nuova, originale, offerta con generosità, della creazione del Partito Socialista dei Siciliani (PSdS), prospettiva, poi, prematuramente fallita per il prevalere di certi piccoli personalismi.
Provati ma non piegati da questa esperienza gli uomini e le donne di xQS ripresero, in continuità con i loro valori, il proprio cammino socialista volto a portare a soluzione la Questione Siciliana.
Si creò un Coordinamento dei circoli socialisti, capitanato dall’attivismo del Circolo Socialista Nebroideo Indipendente “Italo Carcione”.
La loro azione, le loro elaborazioni si incontrarono con le sensibilità di altri circoli del socialismo territoriale italiano e dopo alcuni passaggi (Rete Socialista, Federazione per il Socialismo) si incontrarono con l’allora minoranza del PSI, in quella fase, guidata da Franco Bartolomei.
Tutto ciò portò alla nascita di Risorgimento Socialista, organizzazione dall’articolazione politica federalista, che ha permesso la nascita di Risorgimento Socialista della Sicilia. In questo articolato, difficile divenire mai i socialisti federalisti siciliani hanno dimenticato o sacrificato, in alcun modo, la loro aspirazione a portare a soluzione la Questione Siciliana.
Non è stato casuale, in questi sei anni, che i rapporti tra i socialisti di xQS e la cosiddetta area sicilianista si siano raffreddati sempre più.
Le loro letture della Questione Siciliana non solo divergono ma giungono, nei fatti, a conclusioni contrapposte. Se i socialisti federalisti di xQS e ora di Risorgimento Socialista della Sicilia guardano alla Questione Siciliana come questione sociale e come modo per dare una equa soluzione ad una serie strutturale di peculiari ineguaglianze sedimentate e di classe i sicilianisti, tout court, indipendentisti o autonomisti che si dichiarino, leggono la Questione Siciliana in chiave vincolantemente “nazionale”.
In questa prospettiva i diritti, veri o presunti, della Nazione Siciliana prevalgono e debbono prevalere su quelli reali dei siciliani e soprattutto delle classi popolari isolane.
Le distanze tra le due prospettive per l’autodeterminazione, poi, giorno per giorno, vanno allargandosi con l’incrementarsi delle ingiustizie economiche e sociali ed esse sembrano scontrarsi “l'una contro l’altra armate”, gridando ambedue in lingua siciliana, i loro slogan: i nazionalisti, ANTUDU! e i socialisti, AVAJA!

Salvatore De Grandi

giovedì 29 marzo 2018

ECCO PERCHÉ SOSTENGO LE LISTE DELLA FLC CGIL



Da socialista impegnato a sinistra, da convito assertore di una necessaria, reale riaggregazione della sinistra non ho mai sottovalutato il necessario, fondamentale rapporto che esiste tra iniziativa politica, azione sindacale e conquiste sociali.
Questa interconnessione è, per il mio modo di intendere la società, i rapporti sociali fondamentale. In questa prospettiva è tutt’altro che secondaria la mia scelta di cercare di trovare rappresentati nel mondo del lavoro questi valori ed ideali.
In questa linea appare fondamentale la scelta di quale sindacato, di quale “modello” di relazioni sindacali e/o contrattuali vogliamo sostenere o rappresentare.
Appare, quindi, naturale, in base a ciò che io penso, rivolgermi a quel sindacato, a quella confederazione che, per me rappresenta, storicamente, pur non senza errori o titubanze, più e meglio, la mia idea di lavoro, di scuola, di società. Questa realtà per me è la FLC che è parte fondamentale della CGIL dato che si avvicina di più alla mia tradizione politica e di valori.
Scendendo, poi, nel concreto, alle prossime elezioni per il rinnovo delle rappresentanze sindacali unitarie saremo tutti chiamati ad essere coerenti a noi stessi essendo l’attuale fase cruciale per il futuro dell’istruzione e quindi del Paese. Preso coscienza di tutto ciò è chiaro, perciò, che ogni scelta produrrà necessariamente effetti su cui costruiremo o meno le nostre future scelte.
Scegliere la FLC CGIL è, pertanto, qualcosa di tutt’altro che casuale o accessorio. Si tratta di scegliere quali sistemi di relazioni sindacali vogliamo affermare per il nostro futuro lavorativo e anche per il sindacalismo scolastico. Chiarito ciò è altrettanto evidente che esistono poi comunque  diversi modi di stare e/o sostenere la FLC CGIL.
Personalmente credo che la CGIL tutta, oggi, rappresenti una delle rare organizzazioni dove è possibile ancora stare in modo dialettico e se serve, perché no, critico, se utile o necessario. Tutto ciò è ancora più vero se pensiamo all’attualità del dibattito che si sta sviluppando, al momento, in FLC CGIL sulle dinamiche legate alla firma del nuovo CCNL.
Sono emerse, è dato pubblico, valutazioni diverse, sul merito e il senso, del nuovo contratto sia normativamente che economicamente.
Tutto ciò rende forse meno incisiva la FLC CGIL?
Io penso di no, anzi considero che sia l’esatto contrario, sono, da sempre, infatti, profondamente convinto che un confronto reale anche serrato ci renda più forti ed incisivi.
Avrei del resto meno fiducia in una organizzazione dei lavoratori monolitica, che non è in grado di sviluppare, al suo interno, ragionamenti di senso e prospettiva concreti.
Si possono, infatti, nutrire dubbi o personali valutazioni su come meglio si doveva o poteva concludere la trattativa contrattuale, ma mai ritengo, in FLC, in CGIL, i compagni e le compagne, anche i più critici, mai accetteranno che il confronto si trasformi in una messa in accusa della “buonafede” dei dirigenti, cioè di coloro che assumono su di sé, per l’organizzazione, l’onere di rappresentare i bisogni, le aspirazioni dei lavoratori della conoscenza attraverso l’azione sindacale.
Sono, queste solo alcune delle considerazioni che mi sento di condividere qui con voi e che rendono, spero con immediatezza il senso del perché della mia scelta di sostenere la FLC CGIL sia in chiave organizzativa che elettorale.
Comprendo, anche, che questa mia presa di posizione se sarà apprezzata da taluni compagni sarà non compresa o osteggiata da altri e tuttavia la assumo, in linearità, con le mie idee, valori e scelte.  
Comunque la si pensi è a tutti evidente che i lavoratori, in particolare, della conoscenza, vivano una stagione particolare, iniziata con l’imposizione della “buona scuola” che ha finito per vedere colpevolizzare la categoria dei lavoratori della scuola e segnatamente gli insegnanti.
Come cittadini e lavoratori vicini o iscritti alla CGIL e alla FLC, da tempo, in molti abbiamo preso atto, di questo stato di cose che ha ricadute reali, quotidiane sulla qualità della vita di noi tutti come individui e lavoratori.
Chiederci cosa è possibile fare per contrastare queste “dinamiche” indotte significa in buona sostanza operare democraticamente, sindacalmente nel campo dei rapporti, delle relazioni sindacali, riconquistando attraverso la contrattazione, sia generale che collettiva, spazi, perduti e nuovi, di agibilità democratica per il lavoro.
In CGIL, ed è la sua forza, esistono, nella continuità sindacale di categoria e confederale diverse “sensibilità” capaci di fare sintesi. L’appello che mi sento di rivolgere, attualmente, è quello a scegliere e votare in occasione delle elezione per il rinnovo delle RSU della prossima seconda metà di aprile per le liste della FLC CGIL .
 Ciò anche perché è necessario rafforzare un sindacato, fatto dai lavoratori, dai loro bisogni, che sia credibile, forte, democratico quanto autorevole.
In Italia, nel comparto istruzione questo sindacato, nel nostro tempo, è e può essere credibilmente solo la FLC CGIL; l’unica organizzazione sindacale di categoria in grado di svolgere una serena valutazione di valori, bisogni, interessi e necessità e di essere critica con se stessa senza remore o unanimismi.
Questa forza, frutto della partecipazione, garantisce non solo o tanto gli iscritti FLC e CGIL ma l’intero sindacato nella e della scuola e con questo i suoi lavoratori.
Per farlo occorre, però, irrobustire sempre più la struttura dell’azione della FLC.
Si può partire per farlo solo dalla capillare presenza negli Istituti del Paese, presenza che può e deve essere garantita da noi uomini e donne, colleghi del comparto che ci impegniamo, che ci impegniamo in tal senso.
Una stagione difficile ci attende, non deludiamoci e portiamo avanti l’insegna di un sindacato partecipato, solidale di lotta e proposta insieme alla FLC CGIL!

Fabio Cannizzaro