Nella ricorrenza del centoventicinquesimo anniversario dell’avvio
dei lavori, a Palermo, nel 1893, del congresso dei Fasci siciliani dei
lavoratori avverto forte la necessità di riflettere con linearità su quale
possa e debba essere attualmente il ruolo delle spinte sicilianiste in una
società come quella isolana. Società che già centoventicinque anni fa poneva,
con forza ed attenzione, la centralità sociale della Questione Siciliana, come
fece, appunto, il movimento, socialista e siciliano, dei fasci.
Da tempo i destini del socialismo federalista e quelli della “galassia”
sicilianista si sono separati. Se dobbiamo e possiamo trovare una data
simbolica per questa “divisione” credo dobbiamo risalire al 2012, quando l’Istituto
di Cultura Politica per la Questione Siciliana – xQS lasciò quell’area politica
e segnatamente il Frunti Nazziunali Sicilianu (FNS) allora ancora guidato da
Pippo Scianò.
Il motivo fu dettato dallo spostamento dell’FNS su posizioni
sempre più squisitamente nazionaliste che lasciavano nessun margine a chi si
riconosceva, in quell’organizzazione, in una prospettiva socialista e di
sinistra che era, poi, quella maturata alla fondazione del partito.
Per chi avesse la memoria corta questa fase, che taluni hanno
volutamente, velocemente accantonato, vide la fuoriuscita da FNS, dalle sue
articolazioni correlate di due dirigenti che avevano insistito per restituire proiezione
di sinistra al partito, come, appunto, l’Arch. Leonardo D’Angelo e il prof.
Fabio Cannizzaro, quest’ultimo anche vicesegretario di FNS.
Quando questi ultimi fecero esplodere la contraddizione pochi
nell’area sicilianista avvertirono la necessità politica di testimoniare loro,
alla loro organizzazione attenzione o vicinanza politica.
Fu subito chiaro che l’impianto meramente nazionale e nazionalista
della Questione Siciliana messo in discussione e rifiutato da xQS era invece
condiviso ed accettato dall’area sicilianista globalmente intesa. Area che si
ritrovava e si ritrova ancora oggi intorno all’idea metafisica di Nazione
Siciliana e che non seppe o volle cogliere, allora, l’occasione per superarla
in chiave sociale se non socialista.
Riflettendo ad oltre un lustro di distanza credo molto sia
dipeso anche da una diffusa propensione del sicilianismo nazionalisteggiante ad
indugere a tentazioni governiste pseudo-autonomiste, allora pesanti e
pressanti.
Consumata scientemente la rottura quelli di XQS non scelsero
di creare l’ennesimo partitino sicilianista, prassi usuale ma si rimisero in
discussione, e scelsero, conseguenti
alle premesse poste, di allargare la prospettiva della loro proposta aprendosi
al confronto con altre realtà della sinistra.
Fu la stagione che vide mettere in campo l’idea nuova,
originale, offerta con generosità, della creazione del Partito Socialista dei
Siciliani (PSdS), prospettiva, poi, prematuramente fallita per il prevalere di
certi piccoli personalismi.
Provati ma non piegati da questa esperienza gli uomini e le
donne di xQS ripresero, in continuità con i loro valori, il proprio cammino
socialista volto a portare a soluzione la Questione Siciliana.
Si creò un Coordinamento dei circoli socialisti, capitanato
dall’attivismo del Circolo Socialista Nebroideo Indipendente “Italo Carcione”.
La loro azione, le loro elaborazioni si incontrarono con le
sensibilità di altri circoli del socialismo territoriale italiano e dopo alcuni
passaggi (Rete Socialista, Federazione per il Socialismo) si incontrarono con l’allora
minoranza del PSI, in quella fase, guidata da Franco Bartolomei.
Tutto ciò portò alla nascita di Risorgimento Socialista,
organizzazione dall’articolazione politica federalista, che ha permesso la
nascita di Risorgimento Socialista della Sicilia. In questo articolato,
difficile divenire mai i socialisti federalisti siciliani hanno dimenticato o
sacrificato, in alcun modo, la loro aspirazione a portare a soluzione la
Questione Siciliana.
Non è stato casuale, in questi sei anni, che i rapporti tra i
socialisti di xQS e la cosiddetta area sicilianista si siano raffreddati sempre
più.
Le loro letture della Questione Siciliana non solo divergono
ma giungono, nei fatti, a conclusioni contrapposte. Se i socialisti federalisti
di xQS e ora di Risorgimento Socialista della Sicilia guardano alla Questione
Siciliana come questione sociale e come modo per dare una equa soluzione ad una
serie strutturale di peculiari ineguaglianze sedimentate e di classe i
sicilianisti, tout court, indipendentisti o autonomisti che si dichiarino,
leggono la Questione Siciliana in chiave vincolantemente “nazionale”.
In questa prospettiva i diritti, veri o presunti, della
Nazione Siciliana prevalgono e debbono prevalere su quelli reali dei siciliani
e soprattutto delle classi popolari isolane.
Le distanze tra le due prospettive per l’autodeterminazione,
poi, giorno per giorno, vanno allargandosi con l’incrementarsi delle
ingiustizie economiche e sociali ed esse sembrano scontrarsi “l'una contro l’altra
armate”, gridando ambedue in lingua siciliana, i loro slogan: i nazionalisti, ANTUDU!
e i socialisti, AVAJA!
Salvatore De Grandi
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