lunedì 7 luglio 2014

L’UNITA’ DELLA SINISTRA E IL RUOLO DEI SOCIALISTI



La riflessione su cosa è oggi sinistra e su come questa possa anzi debba trovare unità e sintesi, in questo Paese, è centrale.
Hanno ragione i compagni, le compagne che insistono su questo elemento. 
Con altrettanta schiettezza a nessuno di noi sfugge che tanti malintesi e fraintendimenti sembrano, concretamente, impedire questo processo di riorganizzazione e ricomposizione.
Cercare colpe, responsabili è tutto sommato la cosa più facile ed immediata. Ognuno di noi in base alla sua storia politica, al suo essere schierato, alle analisi e perché no alle sue simpatie ed antipatie potrebbe fornire un indiziato, sia esso gruppo, movimento o perché no anche singolo o singola.
La verità è, diciamocelo compagni, che non si comprende la perentoria urgenza che è sottesa a questa necessità di riorganizzazione della sinistra in questo Paese.
Personalmente, del resto non è un segreto, alle ultime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo, per motivi che ho largamente e pubblicamente esposto, in pubblico e privato, ho votato ed invitato a votare insieme ai compagni del circolo socialista indipendente nebroideo “Italo Carcione” in cui milito ( che aderisce al Coordinamento dei Circoli Socialisti siciliani) per la LISTA TSIPRAS.
L’ho fatto nella duplice convinzione, che tutt’ora mantengo, prima che i socialisti di questo Paese non potevano e non dovevano ( e quindi aggiungo non devono e non possono) votare e più ancora confondere i propri destini con quelli di un’organizzazione politica espressamente non socialista quale, oltre ed al di là, di ogni risultato elettorale è e resta il Partito democratico e poi che occorre una “sintesi” a sinistra.
Ciò che è accaduto a urne ferme, ciò che sta ancora accadendo, a sinistra del Pd, era qualcosa di tutto sommato previsto e prevedibile.
L’aver appena superato, di un soffio, l’innaturale, a-democratico sbarramento del quattro per cento, ha scatenato il peggio del vecchio tatticismo in seno alla sinistra italiana.
Come socialisti, per averlo a lungo sperimentato e subito, ben conosciamo l’ostracismo “purista” e parolaio  di certi settori della “gauche” rivoluzionaria (quanto piccolo borghese  e pantofolaia  di questo Paese).
Eppure malgrado loro, credevamo che l’esperienza della lista Tsipras andasse tentata e sempre, da socialisti, la consideriamo non solo una affermazione anche nostra (N.d.R. di noi socialisti che l’abbiamo votata) quanto più e meglio una grande “prova strategica” offerta dagli elettori di sinistra, di tutta la sinistra, a queste sue presunte classi dirigenti e intellettuali, sempre più autoreferenziali e politicamente intempestive.
La vittoria, per quanto risicata della Lista Tispras è la vittoria della maturità di una parte dell’elettorato di sinistra di questo Paese. Punto e basta.
I giochi, a bocce ferme, tra organizzazioni politiche, tra gruppi intellettuali esprimono invece il peggio e, con tutta chiarezza, forniscono le ragioni perché, in questo Paese, la sinistra continui ad inanellare sconfitte su sconfitte.
Da socialisti, senza voler essere settari ma dovendo analizzare la realtà, ci tocca constatare che si sono segnalati per attivismo nella distruzione delle possibili ragioni di un’aggregazione che partisse dal risultato delle Europee, alcuni, ben determinati settori della sinistra e segnatamente quelli che si rifanno ad una parte della tradizione comunista, attraverso il nenniano “gioco-invocazione”, alla purezza dell’azione e dell’analisi.
Innanzi a questi dati politici concreti ed evidenti, noi come socialisti abbiamo il diritto ed il dovere di trarre alcune necessarie conclusioni.
Per prima cosa dobbiamo prendere atto che molti ( troppi!) brigano, al di là e oltre le intenzioni espresse, spingendo concretamente per tenere viva la distinzione tra socialisti e comunisti o almeno le ascendenze e dipendenze, dirette ed indirette, da queste due tradizioni e prassi, per come si sono dipanate dal gennaio del lontano 1921.
Leggiamo, ascoltiamo, respiriamo nella concretezza della quotidianità politica, certo senza generalizzare, che esiste, vive ed è nutrito da più parti ancora un vivo pregiudizio verso e contro la tradizione socialista tout court.
E’ un dato politico di cui abbiamo il dovere da socialisti di tenere conto.
Dobbiamo riconoscere, obtorto collo, che i comunisti, i post comunisti, gli ortodossi, veri e presunti, per lo più “vivono” i socialisti con difficoltà quando pensano ad una riorganizzazione della sinistra in questo Paese.
La cosa allo stesso tempo divertente, quanto paradigmaticamente inquietante, è che questi presunti, autonominati settori “ortodossi”, seguaci di varie osservanze “comuniste”, sono e rappresentano, ad analizzarne storia, prospettive e flussi, piccoli gruppi incapaci, in sé, da sé, di sintesi e di proiezione politica.
Ancora più sferzante, se vogliamo provarla, dovrebbe e potrebbe essere l’analisi verso i loro “inorganici “ intellettuali, veri e propri “chierici” del confusionismo ideologico e radical chic.
Tutti costoro rientrano sotto l’ombrello della sintetica, pungente quanto paradigmatica definizione coniata dal compagno Giuseppe Giudice che li apostrofa, senza appello e a giusta ragione, come “funeral-comunisti”.
In questa situazione, stando così le cose. Noi socialisti vediamo prospettarsi tre possibili strade per l’azione socialista.
Ci sono coloro che, additando, a loro dire, la “voce degli occhi” di trotskiana memoria, dicono e sostengono che è impossibile, stando queste condizioni, una qualsivoglia ricomposizione della sinistra.
Costoro finiscono quindi per dichiarare l’inutilità d’ogni sforzo in tal senso.
Da questa posizione fatalistica, certi, fortunatamente pochi, derivano una sorta di appello alla smobilitazione, al disimpegno e certuni talvolta giungono anche a preconizzare per il socialismo un futuro fatto di liaison, strane e balzane, come quella con la lega nord che alcuni propongono come fosse una salvifica “uscita di sicurezza” per il socialismo ed un collocamento alla destra del “centrista” Pd.
E’ evidente che come socialisti non accettiamo né riconosciamo rilievo e valore alcuno a siffatte “derive”. 
Proprio perché constatiamo e prendiamo atto del resistere e persistere, in ambito, diremo latamente comunista, di questi rachitismi e questi rigurgiti antisocialisti, proprio in virtù di tutto ciò abbiamo, da compagni e compagne, il dovere di non ritirarci dall’impegno di contribuire alla riorganizzazione della sinistra in questo Paese.
Che piaccia o no, a comunisti, ex comunisti o affini, oggi occorre dire, a voce alta, che una riorganizzazione credibile e concreta della sinistra in questo Paese può passare, anzi dovrà passare, per un “travaso” e una “sintesi” tra diverse culture politiche, una delle quali è necessariamente, obbligatoriamente quella Socialista.
Qualunque cosa ne pensi certa intellettualità pseudo engagé, è la cultura socialista, la sua capacità di formare e quadri politici, sindacali e nelle organizzazioni sociali che ha salvato, fino ad oggi, la sinistra, il movimento sindacale e l’associazionismo di sinistra dalla scomparsa e dall’inessenzialità.
Serve l’onesta intellettuale e il giusto orgoglio per dire che la responsabilità”” delle strutture organizzative a sinistra è pesato, qualitativamente e numericamente, per lo più, sui socialisti, di tradizione e formazione, e sulla loro capacità di reggere e produrre attività politica.
Chiarito ciò è ovvio, e siamo i primi a riconoscerlo, che occorre andare, adesso,  oltre le vecchie tradizioni ed appartenenze.
Ciò ovviamente non significa obliarle o obnubilarle, semmai il contrario, esaltandone i punti forza senza mai sminuire né mitizzare.
Ed è appunto questa la “prospettiva” che credo, noi socialisti, dovremmo sposare.
Occorre una sintesi feconda tra diverse tradizioni ma per giungere a tale “sintesi” occorre reciproco rispetto e non un mero esercizio di dinamiche di potere.
Se però qualcuno, in qualche cenacolo pensasse o ipotizzasse che la riorganizzazione della sinistra passi o possa passare per un’abiura o una sconfessione della storia politica o delle scelte passate presenti etiche e ideali dei socialisti, allora, resterà deluso dovendosi questa volta assumere, in toto,  il peso del fallimento politico dettato dalla propria inadeguatezza politica.
Esiste poi una terza ipotesi che si prospetta dinnanzi ai socialisti, è l’ipotesi perorata da settori del PS nenciniano, ma non solo da essi, che mira, in concreto, alla diluizione nel calderone del Pd della storia, della tradizione e delle stesse ragioni d’essere e agire del socialismo nel partito di Renzi. Costoro sposano una teoria secondo la quale il Pd, giocherebbe, in questo Paese, a seconda della propria bisogna, ora il ruolo di “moloch” centrista, ora quello di “sinistra” pallidissima e stinta.
 E’ chiaro ed altrettanto immediato che una simile prospettiva è per i socialisti inaccettabile dato che condannerebbe loro e l’intera sinistra, politica e sociale,  all’ annientamento.
Alla luce di questo rapido excursus, credo, almeno dal mio punto di vista, che l’unica via percorribile, per chi è e si sente socialista oggi sia quella di proseguire nella difesa dei valori e dei principi socialisti, offrendosi, senza tentennamenti, per una riorganizzazione della sinistra, che però rispetti i valori, le tradizioni, l’etica e la presenza socialista.
Se così non fosse, i socialisti, non debbono assolutamente scoraggiarsi, dato che la loro battaglia per la sinistra, a sinistra, non si esaurisce, non si è mai esaurita con il fallimento dei processi unificativi, ma prosegue nella convinzione che pur essendo una parte della sinistra, noi ne siamo storicamente una delle componenti attive essenziali, pronta a lottare, sempre e comunque, per i valori del Socialismo che sono, a ben vedere, i valori, della Sinistra, dei Lavoratori e della Gente umile ma operosa.

Fabio Cannizzaro

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