NOTA
RIASSUNTIVA E CHIOSA A MARGINE DI FABIO CANNIZZARO, DELL’UFFICIO POLITICO DELLA
FEDERAZIONE PER IL SOCIALISMO
Concordo pienamente con
il compagno Franco Bartolomei quando scrive che uno degli interventi più
interessanti e ricchi concettualmente, ascoltati all’Assemblea Costituente del
Socialismo Italiano, tenutasi a Roma lo scorso 29 marzo c.a., è stato quello di
Guglielmo LOY, segretario
confederale della U.I.L.
LOY
ha svolto un intervento che definirei fondamentale per la definizione delle
politiche sindacali, dei prossimi due lustri di questo Paese. Senza concedere
nulla alla retorica ha sviluppato un ragionamento articolato e coerente
muovendo da lavoro e questioni economico-sociali.
Rigorosa e senza orpelli
ideologici, ma appunto per questo puntuale, l’analisi della “weltanschauung ”
economica di Renzi e dei renziani. LOY fa notare che il Presidente del
Consiglio ha sostenuto, esplicitamente, che le aziende debbono, a suo avviso,
essere libere di assumere e licenziare. Da questo assunto-assioma discende
appunto la sua “visione economica” in cui il proprietario d’azienda può fare
indefinitamente tutto quello che vuole, dato che a suo avviso questa “libertà”
finirebbe per garantire la “ripresa” ed il “sistema”.
LOY fa notare analiticamente
che dunque si mira a fare crescere il Paese puntando solo sul basso costo del lavoro.
E’ un’idea del lavoro
prosegue il segretario confederale della U.I.L. quella di Renzi, che è, in
concreto, l’esatto, speculare contrario di quanto a mo’ di propaganda Renzi e i
suoi vanno dicendo quando affermano che in cambio della decrescita delle tutele
sul lavoro lo Stato si farà carico dei lavoratori. LOY ci mostra, appunto, che
non è e non sarà così!
Ma LOY sviluppando la sua
riflessione ci prova anche altro ovvero che con il “paradigma Renzi” verrà meno
l’equilibrio tra guadagno delle aziende e diffusione sociale, condivisa del
benessere poiché verranno meno le tutele sociali e sindacali che sono state e
sono, cosa che Renzi mostra di non comprendere a pieno, parte fondante anche
del modello che caratterizza da lustri anche il sistema capitalista occidentale.
Occorre aver chiaro che il
capitalista, il proprietario d’azienda non può fare indefinitamente tutto
quello che vuole.
LOY dice, a ragione e con buon senso, che meno sicurezza, meno tutele non sono solo una sciagura per i lavoratori, per il modo del lavoro ma un errore economico per e dell’intero sistema produttivo, limitando in prospettiva anche la crescita generale delle aziende e del Paese.
LOY dice, a ragione e con buon senso, che meno sicurezza, meno tutele non sono solo una sciagura per i lavoratori, per il modo del lavoro ma un errore economico per e dell’intero sistema produttivo, limitando in prospettiva anche la crescita generale delle aziende e del Paese.
Preso coscienza di ciò accettare
questa prospettiva significherebbe per il sindacato e ancor più per la sinistra
democratica di questo Paese negare ad intere generazioni mobilità sociale e quindi
un futuro.
Significherebbe, in concreto,
prosegue LOY, cristallizzare la società italiana a livello economico e sociale
escludendo quantitativamente quanto concretamente forme apprezzabili di mobilità
sociale interna, limitando, de facto, il benessere collettivo.
Puntare, come fa Renzi,
tutto sulla FRAGILITA’ dei lavoratori,
è un errore non solo e non tanto in termini etici e politici, quanto
soprattutto dal punto di vista economico, dato che una simile prospettiva finirà
per minacciare la crescita e quindi lo stesso sistema produttivo italiano.
La logica del Governo, oggi, in concreto, mostra come effetto non virtuoso solo facilità di licenziamento per le aziende.
Possibilità che già esisteva e che ogni anno era, infatti, praticata 900.000 volte, la metà delle quali in aziende dove c’era l’art.18. E allora? Allora, va detto sostiene, a ragione, LOY che le aziende non cresceranno solo perché hanno maggiore possibilità di licenziare. Dare potere agli imprenditori di fare come vogliono, senza vincoli sindacali, non garantisce la ripresa.
Da adesso come segnalano i giuslavoristi si potrà addirittura essere licenziati, ad esempio, solo se si tarda di cinque minuti a lavoro. Tutto ciò è sbagliato! In una spirale sempre più stringente LOY continuando a dipanare il suo ragionamento dice che la politica non deve rinunciare alla regolazione della “funzione barbara” del capitalismo, ciò specialmente in un capitalismo globalizzato e finanziario qual è quello nostro.
La logica del Governo, oggi, in concreto, mostra come effetto non virtuoso solo facilità di licenziamento per le aziende.
Possibilità che già esisteva e che ogni anno era, infatti, praticata 900.000 volte, la metà delle quali in aziende dove c’era l’art.18. E allora? Allora, va detto sostiene, a ragione, LOY che le aziende non cresceranno solo perché hanno maggiore possibilità di licenziare. Dare potere agli imprenditori di fare come vogliono, senza vincoli sindacali, non garantisce la ripresa.
Da adesso come segnalano i giuslavoristi si potrà addirittura essere licenziati, ad esempio, solo se si tarda di cinque minuti a lavoro. Tutto ciò è sbagliato! In una spirale sempre più stringente LOY continuando a dipanare il suo ragionamento dice che la politica non deve rinunciare alla regolazione della “funzione barbara” del capitalismo, ciò specialmente in un capitalismo globalizzato e finanziario qual è quello nostro.
In una condanna non
ideologica ma appunto per questo totale della logica renziana, il segretario
confederale dell’U.I.L., ci fa notare che con il renzismo economico siamo,
concretamente, regrediti ad un’idea pre-liberale dei rapporti
lavoratore-azienda. In questa prospettiva si spinge solo in direzione di
attribuire e sancire il totale, assoluto potere delle imprese.
Si prova a negare la
funzione regolatoria del pubblico, dello Stato che per LOY certo non può essere
più quella del passato quando c’era maggiore disponibilità di finanza collettiva e
maggiori margini per l’intervento pubblico. In poche parole Renzi e i suoi
negano alla politica un ruolo garante regolatorio sia in modo diretto che in
modo indiretto. Cosa significa in concreto? LOY lo spiega sempre con chiarezza,
fa notare che una cosa è un sistema di regole tra le parti, quale quello, ad
esempio, frutto della contrattazione, altro è avere a dover accettare e subire
i diktat di una parte sola, quella patronale e/o datoriale che dir si voglia.
In coerenza e in linea
con la sua analisi LOY giunge a dire che le scelte di questo governo non hanno
nulla di liberale, dato che l’Esecutivo cerca e pratica una scorciatoia,
pensando che solo la libertà delle imprese.
Libertà che garantisce ed
esalta attraverso alla sciente scelta di rinunciare alla contrattazione, in un combinato
disposto di STATALISMO e CENTRALISMO che non fa bene al lavoro, alla politica e
alla democrazia di questo Paese.
Addirittura si opera per
stabilire uno stipendio minimo per legge, che non solo nega la contrattazione, ma
nega, in concreto, a ben vedere, il livello di mediazione tra tutela e contrattazione.
LOY si è infine concesso,
sempre senza rinunciare al suo rigore, quella che ha definito una micro
riflessione politica. Dicendo che lo spostamento del PD su assi pre-liberali e
vetero-patronali libera un immenso spazio politico che non va riempito con vetero-analisi
ma da una moderna politica riformista, socialista, che sappia rifiutare parole
d’ordine qualunquista e vuote come CAMBIAMENTO E RIFORME se queste prescindono
( N.d.R. come oggi accade, aggiungiamo Noi) da concreti vantaggi per i soggetti
sociali coinvolti, minacciando anzi di danneggiarli, danneggiando i margini d’agibilità
sociale. L’auspicio di LOY è che si affacci una forza sociale e politica che
assuma questo ruolo che governando i processi, in chiave democratica, moderi un
capitalismo oggi aggressivo di fronte ad una politica debole, succuba e
rinunciataria. Né del resto si possono accettare conclude LOY previsioni economiche
che sancirebbero, per il medio futuro, un Paese ancora, nuovamente spaccato in
due, dove la disoccupazione diventerà non solo un dato normale ma strutturale
con una forchetta tra un Nord con il 10% di non occupati e un Sud sempre più
marginale con un quarto della popolazione cronicamente disoccupata.
Ora dopo aver riportato
quanto il segretario confederale dell’U.I.L. ha detto all’Assise di Roma mi
permetto di affermare che basterebbe, pur fortunatamente non esaurendola,
questo intervento di Guglielmo LOY, erede diretto della tradizione sindacale di Italo Viglianesi e Giorgio Benvenuto, per
fare dell’iniziativa promossa a Roma da tante organizzazioni, gruppi socialisti
( la “Lega dei Socialisti”, la
“Federazione per il Socialismo” la componente del P.S.I. “Sinistra socialista”,
e tanti compagni tra cui Gerardo Labellarte, Felice Besostri, i compagni e le
compagne dell'associazione “Socialisti Europei” e tanti altri ancora) l’occasione
angolare per, muovendo da questa giornata, da queste analisi ed input, una
RIDEFINIZIONE ORGANIZZATIVA BARICENTRICA DEL RUOLO E DELLE PROSETTIVE DEL Socialismo
a sinistra, cioè non disposto a perdersi e diluirsi nel PD e nelle sue “logiche”
esattamente pre-liberali.
Sta ora a Noi, compagni e
compagne, fare tesoro di analisi schiette e puntuali come quelle di LOY per
dare futuro al Socialismo e alla Sinistra.
La clessidra scorre! Ci
siamo dati appuntamento il prossimo 27 giugno, nuovamente a Roma, e lì dobbiamo
giungere, muovendo necessariamente in modo orizzontale, federato dai Territori,
con una condivisa, definita linea di azioni e presenza socialista da offrire,
senza gelosie e timori, all’intera sinistra, di cui fummo, siamo e saremo,
nella parte più viva e propositiva sempre “lievito”
ed “anima”.
SOCIALISMO SEMPRE!
Fabio
Cannizzaro
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